Pollicina
Racconti e Fiabe di Andersen
Molto tempo fa viveva una donna che
desiderava moltissimo avere un bambino. Disperando ormai di poterlo
avere, si recò a trovare una vecchia strega molto conosciuta.
- Vorrei avere un bambino; dimmi come posso fare.
- Niente di più facile, - replicò la maga. - Ecco questo
granello d'orzo: non appartiene ad una specie comune di cui si cibano
gli uccelli. Piantalo in un vaso di fiori e vedrai...
- Grazie - disse la visitatrice.
Pagò la strega con dodici monete
e poi ritornò a casa dove, piena di speranza, piantò il
granello d'orzo.
Ben presto spunto dalla terra un grande fiore simile al tulipano, ma
con i petali chiusi intorno al pistillo. All'improvviso risuonò
un leggero scoppio; i petali rossi e gialli si aprirono mostrando all'interno
una piccolissima bambina delicata e graziosa. Alta come una pulce, graziosa
come la principessa di una favola, la bambina fu chiamata Pollicina.
Il suo lettino era un guscio di noce colorato; il materasso era di foglie
di violette; la coperta un petalo di rosa.
Di giorno la bambina giocava sulla tavola dove c'era un bicchiere colmo
d'acqua. Pollicina si sedeva sul bordo di una foglia del tulipano, poi
aiutandosi con due crini bianchi di cavallo usati come remi, si spingeva
da una parte all' altra del recipiente. Offriva così uno spettacolo
affascinante mentre cantava con voce pura e melodiosa. Con grande gioia
della sua mamma adottiva, che l'adorava, alla bambina piaceva molto
cantare! Ahimè! Una notte, mentre dormiva, un brutto rospo saltò
nella stanza. Enorme ed appiccicoso, vide Pollicina che dormiva sotto
il petalo di rosa.
- Che graziosa bambina ho trovato, adatta a mio figlio, - disse il rospo.
Impadronendosi del guscio di noce, scappò dalla finestra. In
fondo al giardino c'era uno stagno. Il rospo abitava là con il
suo brutto e sporco figlio.
- Crac! Crac! - gracidò il figlio vedendo la fidanzata che il
padre gli aveva scelto.
- Sss! Svegliala dolcemente, - gli consigliò il vecchio rospo.
- Agile com'è, ci potrebbe scappare facilmente. Mettiamola su
quella grande foglia di lappola in mezzo al vicino ruscello. Sarà
come su un isola e non potrà più scapparci. Nel frattempo
prepareremo, in mezzo allo stagno, una grande camera che diventerà
il vostro alloggio.
E così fecero. Quando il mattino seguente la sfortunata bambina
si risvegliò, scoppiò in singhiozzi non trovando via di
fuga. Le onde provocate dai due rospi agitarono pericolosamente il guscio
di noce e il più vecchio di loro, inchinandosi profondamente
davanti a Pollicina, le disse:
- Ecco mio figlio, il tuo futuro sposo; abiterai con lui sul fondo dello
stagno. Adesso ti metteremo con il tuo ridicolo guscio di noce, indegno
della sposa di un rospo, su quella bellissima foglia verde.
Rimasta sola, la bambina scoppiò in pianto, pensando al suo triste
futuro. I pesciolini che avevano sentito le parole del vecchio rospo
accorsero intorno alla bambina.
- Questo matrimonio è inaudito!
- esclamarono. Tagliando il gambo della foglia la liberarono e, portata
dalla corrente, Pollicina si allontanò dal suo brutto fidanzato.
Mentre passava davanti agli alberi che ornavano le rive, la bambina
sentiva cantare gli uccelli:
"Ah! che divertimento. Buon viaggio, ragazzina!"
Cammin facendo, un'incantevole farfalla tutta bianca incominciò
a volteggiare intorno al fragile scafo. Pollicina fece un nodo scorsoio
con la sua cintura attaccandone un' estremità alla foglia. L'altra
la legò alla vita della farfalla. Quest'ultima, riprendendo il
volo, trascinò rapidamente la barca e la sua felice passeggera.
L'acqua dorata scintillava sotto il sole, mentre Pollicina canticchiava.
All'improvviso un grosso maggiolino si gettò sulla bambina e,
bruscamente, la prese con le zampe, poi si alzò in volo, mentre
la foglia continuava la sua rotta, tenendo prigioniera la farfalla legata
al suo gambo. Che spavento per la bambina, e che dispiacere per la farfalla
in pericolo. Sarebbe morta di fame prigioniera della foglia?
Il maggiolino dopo aver posato Pollicina su di un ramo di quercia le
fece mille complimenti e le servì per cena polline d'acacia.
- Puah! Com'è brutta senza ali e senza antenne! Abbandonala!
Così dichiarò la tribù dei maggiolini, riunita
intorno alla nuova venuta. Contrariato per lo sdegno che manifestava
la sua famiglia, il grosso insetto prese Pollicina e con sgarbo la depose
ai piedi dell'albero. Per alcune settimane la bambina visse felicemente,
nutrendosi del succo dei fiori e dissetandosi con quello delle rose.
Ahimè! ben presto arrivò il vento e dopo le fredde piogge
cadde anche la neve sulla spoglia foresta. Poiché stava per morire
di fame e di freddo, Pollicina si arrischiò ad entrare in un
grande campo di grano gelato.
Un topo di campagna vi aveva fabbricato
la sua casa. Sottoterra aveva arredato una confortevole cucina, seguita
da un salone e da una cantina piena di grano. Il bravo topo, impietosito
dall'infelicità della bambina, le offrì un grano d'orzo,
poi le rispose:
- Se mi racconterai belle favole e mi curerai la casa, ti concederò
di trascorrere l'inverno qui con me al caldo.
Pollicina accettò riconoscente. Poco tempo dopo andarono a visitare
il signor Talpa, grande amico e vicino di casa. In seguito Pollicina
trovò, in fondo alla sua stanza, una rondinella che stava morendo.
La bambina, che adorava gli uccelli e soffriva di vivere quasi al buio,
si affrettò a riscaldarla. Riuscì a rianimarla e durante
tutto l'inverno, all'insaputa dei suoi due amici, le portava cibo ogni
notte. In effetti la talpa confessava spesso di detestare gli uccelli,
perché troppo imprevidenti: in estate cantavano "cip! cip!"
e in inverno morivano. I due roditori ritenevano una maledizione nascere
uccelli, obbligati a vivere nell'aria. Quando arrivò la primavera
la rondinella si accomiatò dalla bambina:
- Vuoi saliresulle mie spalle e raggiungere
la foresta, buona Pollicina? Questi luoghi sotterranei sono così
tristi!
Ma la bambina rifiutò sapendo che il topo le si era affezionato.
Maledizione! Dopo qualche tempo il signor Talpa la domanda in moglie
e il topo, felicissimo le fece il corredo. Durante i lunghi mesi estivi
in cui la natura era lussureggiante, Pollicina, con tristezza, tagliò,
cucì e orlò sotto lo sguardo paterno e vigilante del topo.
Il grano, divenuto alto, formava sull'entrata del sotterraneo una foresta
impenetrabile per la minuscola bambina, diventata così doppiamente
prigioniera. Come sospirava, la poveretta! Il signor Talpa, pretenzioso,
miope e panciuto, non le era mai stato simpatico. L'idea di passare
tutta la vita in una galleria scura e soffocante la rattristava.
Una bella sera, Pollicina, si avvicinò all'uscita della tana
del topo. Senti sopra di sé una voce: "Cip! Cip!".
Due ali nere tagliarono l'aria fresca di quella bella serata d'autunno,
mentre la rondinella amica si posò vicino alla bambina meravigliata,
- Parto verso i paesi caldi, - Disse
l'uccello. - Vieni con me, piccola cara, dove il sole risplende: l'estate
è eterna e i numerosi fiori profumano l'aria leggera!
- Accetto con gioia, - Disse Pollicina.
Saltò sul dorso dell'uccello e attaccò la sua cintura
al collo della rondinella che rapidamente prese i volo, abbandonando
per sempre quel triste luogo sotterraneo! Nel cielo, a quella altezza,
faceva troppo freddo e l'aria pungente le arrossì la punta del
naso; con il corpicino minuscolo, si rifugiò fra le calde piume.
Ma si guardò bene dal riparare il visino per poter ammirare l'incantevole
spettacolo della terra vista da quella altezza: i ghiacciai rosati dal
sole, il susseguirsi di verdi foreste e le sinuosità di luoghi
e calmi fiumi! Le due amiche si fermavano ogni notte per ristorarsi
e riposarsi e la rondinella si preoccupava di sistemare Pollicina in
alti nidi per proteggerla da animali malvagi.
Dopo alcune settimane arrivarono nei
paesi caldi, là dove la vite cresce in tutti i fossati e i frutteti
di aranci e limoni si stendono a perdita d'occhio. Lungo le strade polverose
i bambini giocavano con grosse farfalle variopinte. La meta del loro
viaggio era un chiaro lago, in cui si specchiava un antico castello
di marmo. Colonne slanciate si ergevano nel parco che discendeva dolcemente
verso il lago. La rondinella depose a terra Pollicina.
- Piccola amica, siamo arrivati alla fine del nostro viaggio. Il mio
nido è deposto sopra un'alta colonna e sarebbe troppo pericoloso
per te. Scegli tu stessa un fiore e io ti ci porterò.
Pollicina scelse un grande giglio dall'alto calice immacolato. Quando
l'uccello se ne andò, dopo un ultimo saluto, Pollicina rimase
stupefatta nel vedere sul pistillo del fiore un omino tutto bianco,
trasparente come il vetro. Aveva sulla testa una corona d'oro e due
paia d'ali di madreperla sulle spalle. Era il genio dei gigli, il re
di ogni minuscola coppia che viveva in quei fiori. Quando annunciarono
il loro matrimonio, Pollicina ricevette in regalo un paio d'ali trasparenti,
mentre coppie lillipuziane, danzando su tutti i fiori dei dintorni,
le rendevano omaggio, e la offrivano altri regali.
- Adesso ti chiamerai Maia, - Le disse il genio - un nome degno della
tua bellezza. Ascolta! Sento un uccello che sta cantando per noi.
- Addio, - disse la rondinella - andrò a raccontare la tua storia
a tutti i bravi ragazzi del mondo. Cip! Cip! Regina Maia.
Andersen
Hans Christian