L'Usignolo
dell'Imperatore
Racconti e Fiabe di Andersen
C'era una volta e una volta non c'era...l'imperatore
della Cina da un po' di tempo si annoiava.
Conosceva a menadito tutti i saloni del suo palazzo di porcellana, tutti
i fiori che sbocciavano nei suoi giardini, tutti i cavalli che scalpitavano
nelle sue scuderie. Un giorno, per caso, leggendo un libro straniero,
scoprì che c'era qualcosa, nel suo regno, che non conosceva:
un usignolo dalla voce dolcissima, nascosto nel folto di un bosco non
lontano dalla reggia, il cui canto, si diceva, era la cosa più
bella del mondo.
L'imperatore andò in collera.
Come! Nel suo impero viveva una simile meraviglia e nessuno gliene aveva
mai parlato! Possibile? Fece subito chiamare le guardie di palazzo.
"Cercate l'usignolo dalla voce d'oro che vive nel bosco vicino
alla reggia e guai a voi se non lo trovate: finirete tutti in prigione!
Avete tempo fino a stasera. Al tramonto l'usignolo dovrà essere
qui e canterà per me".
Le guardie partirono, frugarono ovunque, ma invano.
Allora tornarono a palazzo e cominciarono a chiedere a tutti notizie
del misterioso usignolo. Finalmente, il capo delle guardie ebbe la fortuna
di imbattersi in una servetta che sapeva qualcosa.
"Certo che conosco l'usignolo! Ogni sera quando ho finito il servizio
nelle cucine reali, vado a casa per portare qualche avanzo alla mia
mamma e, attraverso il bosco, sento sempre l'usignolo cantare!"
" Ha una voce davvero tanto bella!" chiese il capo delle guardie.
" Tanto bella che, quando la sento, mi viene da piangere".
Il capo delle guardie le promise un posto di capo-cuoca se lo avesse
guidato là dove l'usignolo aveva il nido. La servetta accettò.
Poco dopo i due erano davanti ad un grande albero frondoso. Un trillo
argentino risuonò nell'aria.
"Ecco l'usignolo, là, su quel ramo! " esclamò
la servetta, indicando il minuscolo uccellino grigio.
Il capo delle guardie era piuttosto deluso: " E' piccino"
disse l'uomo"ma canta bene"
Poi gentilmente si rivolse all'usignolo: "Uccellino, l'imperatore
vuole che tu canti per lui al palazzo reale."
"Il mio posto è qui nel bosco, in libertà" rispose
l'usignolo, " ma se l'imperatore me lo ordina, verrò a cantare
con lui".
Si appollaiò sulla spalla del capo delle guardie e si lasciò
condurre al galoppo fino alla reggia.
Poco dopo, davanti alla corte al gran completo, l'usignolo dava inizio
al concerto. E cantò così bene che l'imperatore piangeva
di gioia.
"Caro uccellino" disse, quando l'usignolo ebbe finito di cantare,
"devi restare sempre con me. Ti tratterò con tutti i riguardi,
farò costruire per te un trespolo d'oro, vivrai nella mia camera".
L'usignolo chinò tristemente
il capino: "I tuoi desideri sono ordini, maestà."
Perchè l'usignolo non si annoiasse, sempre chiuso nel palazzo,
l'imperatore gli permetteva di uscire due volte al giorno, ma accompagnato
da dodici servitori che lo tenevano legato per la zampina con dodici
cordicelle di seta. Non erano passeggiate divertenti, ma l'usignolo
si accontentava.
Passarono i mesi. Un giorno, l'ambasciatore di un lontano paese portò
in dono all'imperatore una scatola di legno smaltato. Dentro c'era un
meraviglioso usignolo meccanico, tutto tempestato d'oro e di pietre
preziose. Sotto le piume di madreperla c'era una chiavetta: bastava
girarla e l'uccellino cominciava a cantare una bella melodia, la stessa
che gorgheggiava l'usignolo vero. L'imperatore gradì molto il
dono.
"I due usignoli canteranno insieme davanti alla corte" disse.
Purtroppo, il concerto non andò molto bene. L'usignolo vero cantava
come gli dettava il cuore, quello meccanico ripeteva le stesse note
senza mai cambiare.
L'imperatore si entusiasmò tanto di quella precisione da ordinare
che l'usignolo vero tacesse per far cantare, da solo, quello finto.
Gira e rigira la chiavetta, il giocattolo cantò fino a che l'imperatore
non volle sentire di nuovo l'usignolo del bosco. Ma l'usignolo era introvabile.
Aveva approfittato della distrazione dei cortigiani per tornare, libero
ma triste, nel suo nido tra gli alberi.
I cortigiani dissero che era una bestia
ingrata e pregarono l'imperatore di far cantare ancora il docile usignolo
meccanico. Il giorno seguente anche il popolo poté sentirlo.
Molti si entusiasmarono, ma chi conosceva la voce dell'usignolo vero
affermò che non c'era confronto tra i due, che le canzoni dell'uccellino
dei boschi nascevano dal sentimento, quelle dell'altro da una molla.
E la differenza si sentiva, eccome!
Il piccolo usignolo, nascosto tra i rami degli alberi, per qualche giorno
non cantò. Poi, riprese a gorgheggiare; se non c'era più
l'imperatore ad ascoltarlo, poteva sempre rallegrare contadini e boscaioli.
Intanto l'imperatore aveva dimenticato il suo piccolo amico, preso com'era
dall'usignolo meccanico. Lo teneva su un cuscino di seta, lo caricava
di continuo. Un giorno, ahimè, mentre l'usignolo cantava la sua
solita canzone, si udì un cigolio e poi uno schianto: una delle
molle del delicato meccanismo si era rotta. Il più bravo orologiaio
della capitale, chiamato in gran fretta, smontò l'usignolo, cambiò
la molla rotta, poi scosse la testa:
"Maestà, ho fatto del mio meglio, ma ormai il meccanismo
è consunto. Se volete che l'usignolo duri ancora, fatelo cantare
solo di tanto in tanto."
" Una volta l'anno". promise l'imperatore.
"Si, Maestà, una volta l'anno penso che vada bene".
assicurò l'orologiaio.
Trascorsero cinque anni, poi, un brutto giorno, l'imperatore si ammalò
tanto gravemente da far temere per la sua vita. Nessun medico riuscì
a trovare un rimedio e allora i vili cortigiani, convinti che per il
loro signore non ci fosse più niente da fare, uno ad uno lo abbandonarono
alla sua sorte.
Una sera, mentre l'imperatore giaceva nel suo letto, ecco giungere la
Morte con una spada in pugno:
"Devi venire con me, Maestà: è arrivata la tua ultima
ora."
" Così presto? " sussurrò l'imperatore. "Mi
restano ancora tante cose da fare! Pazienza...potrei almeno ascoltare
un po' di musica?"
" E sia" concesse la Morte.
L'usignolo meccanico era adagiato sul cuscino di seta accanto al letto,
ma non abbastanza vicino perchè l'imperatore riuscisse a prenderlo
ed a caricare la molla. Il bel giocattolo restava muto, mentre l'imperatore
sentiva le forze abbandonarlo sempre più. D'improvviso, dal giardino
si alzò un canto dolcissimo, inconfondibile. Era l'usignolo vero.
Aveva saputo della malattia del suo signore e, dimenticando i torti
subiti, veniva a consolarlo con le sue melodie. Trilli, gorgheggi, note
limpide come l'acqua di fonte sgorgavano dalla minuscola gola dell'usignolo
e tutto sembrava più bello: la luce del giorno, la trasparenza
del cielo, i colori dei fiori. L'imperatore si alzò a fatica
dal letto e si affacciò alla finestra, la Morte lo seguì,
come stregata. L'imperatore ascoltava e si sentiva rinascere; la Morte
ascoltava e provava nostalgia del suo buio regno. Quando l'usignolo
tacque, la nera signora era scomparsa silenziosamente nel nulla.
L'imperatore tornò a letto e
cadde in un sonno profondo, quando si svegliò era perfettamente
guarito. Accarezzò teneramente il piccolo usignolo che si era
appollaiato sulla sua mano e gli sorrise.
"Usignolo mio, sono stato un ingrato, perdonami. Che cosa posso
fare per dimostrarti la mia infinita riconoscenza?"
"Sono felice della tua guarigione e questo mi basta", rispose
l'usignolo. "Una cosa sola vorrei: non essere costretto a tornare
qui palazzo, prigioniero, ma vivere nel bosco e venire a trovarti ogni
volta che lo desideri, mio signore. Canterò per te, ti racconterò
tutto ciò che accade nel tuo regno in modo che tu possa governare
sempre meglio. "
"Sarà fatto" sussurrò, commosso l'imperatore.
Con un trillo gioioso l'usignolo volò via; ma tornò ogni
giorno, fedele alla promessa ed ogni giorno sparse ovunque gioia e saggezza
intorno a sè.
L'Usignolo
dell'Imperatore - di Andersen