FEDRO
La vita di Fedro, le fiabe e favole di Fedro, le sue
opere.
Fedro (20 AC - 50 DC)
stato un favolista latino attivo sotto Tiberio, Caligola, e Claudio.
Nel quadro della letteratura della prima età imperiale, è
stato uno dei pochissimi autori di nascita non libera: era infatti schiavo
trace e nei manoscritti delle sue opere e citato come libertus Augusti,
poichè sembra che sia stato liberato dall'imperatore.
L'OPERA
Fedro scrisse cinque libri di Fabulae
(il titolo integrale è: Phaedri Augusti liberti fabulae Aesopiae),
ma, di esse, ne restano appena novantatré: troppo poche, in verità,
data anche la limitata estensione della maggior parte di esse, per pensare
che potessero formare davvero un complesso di cinque libri. Si sospetta,
perciò, a ragione, che ogni libro (specialmente il II e il V)
sia stato sottoposto, attraverso i secoli, a tagli immeritati per ragioni
didattiche e moralistiche, dal momento che il testo di Fedro divenne,
presto, lettura di scuola.
Nel prologo della raccolta egli accenna a favole con alberi
parlanti. Tutto questo induce a credere che non solo siano fedriane
le trentadue favole che Niccolò Perotti scoprì, nel XV
secolo, in codici di Fedro ed Aviano, ma che, con molta probabilità,
debba riferirsi a Fedro anche quel gruppo di quaranta favole messe in
prosa, per uso scolastico, nella tarda latinità e lette con gusto
nel Medio Evo: proprio in una di queste, infatti, figurano alberi parlanti.
I codici tramandano circa novanta sue favole, divise in cinque libri,
ma il corpus originario era molto più ampio. Sono sicuramente
genuine anche le favole raccolte nell'Appendix Perottina (dal nome dall'umanista
Perotti, curatore della raccolta); altre favole si possono ricostruire
dalla parafrasi in prosa.
Non pare che questo umile favolista abbia
ottenuto un notevole successo, almeno presso il pubblico dotto, ma i
suoi testi, riscoperti nel XV secolo, furono ripagati
da notevole fortuna in età moderna. Il favolista Jean de La Fontaine
gli deve molto e le favolette di Fedro, per il loro stile semplicissimo
e i loro contenuti moraleggianti, ebbero notevole impiego nell'insegnamento
scolastico del latino.
Nel prologo del IV libro egli dichiara che le sue favole
sono “esopie”, cioè seguono il genere
di Esopo, ma non “esopiche”, perché molte di esse
si ispirano a soggetti nuovi («novis rebus»), non trattati
dal «gobbo frigio». Tali sono, ad esempio, tutte quelle
di ambiente romano, suggerite dalla dura realtà della vita, da
fatti, costumi e personaggi delL'epoca, che entrano
a far parte di quel variopinto mondo animalesco nel
quale pare rispecchiarsi tutta L'umanità, con le sue tendenze
e i suoi difetti, con i suoi istinti e i suoi peccati.
La prepotenza, L'astuzia e L'ipocrisia, L'ingordigia
e la rapacità, la vanagloria, la servilità, la ferocia,
la crudeltà, la vendetta e quant'altro simile trovano
espressione allegorica nel leone, nel
lupo, nella volpe, nel cane,
nelL'aquila, nel pavone, nel
corvo, nella pantera, nel coccodrillo,
nel serpente: non c'è animale domestico
e selvatico dei più comuni che non figuri nella ricca galleria
fedriana, a rappresentare un certo tipo di umanità,
a richiamare la riflessione moralistica (spesso amara!) dello scrittore
Fedro.